MANCATE RICHIESTE ED AUTO INVENDUTE NEI CONCESSIONARI.
Auto elettriche, perché il mercato è in frenata
Elettrico in difficoltà in un mercato dell’auto tra luci ed ombre. Le immatricolazioni nel 2023 sono state 1.590.000 (+19,1% rispetto al 2022), con numeri, però, ancora lontani dagli anni pre-pandemia, quando si raggiunsero 1,9 milioni di immatricolazioni: nell’ultimo quadriennio sono andate perse circa 2 milioni di vendite.
In questo contesto, si registra la difficoltà dell’elettrico ricaricabile. A dicembre 2023 erano presenti alcune migliaia di auto elettriche invendute in stock presso i concessionari. Nel mix di immatricolazioni vendute, solo il 4,2% è rappresentato da vetture BEV (elettriche pure), a fronte di un più consistente 36,2% di vetture ibride HEV, mentre quelle plug-in si sono attestate su percentuali pari alle BEV.
Il 2024 si è aperto con la previsione di stanziamenti a favore della mobilità sostenibile che includono 360 milioni residui della precedente incentivazione, avanzati per la mancata richiesta del mercato di acquisti di auto elettriche.
“Il mercato non sta premiando l’elettrico ricaricabile - commenta Simonpaolo Buongiardino, presidente di Federmotorizzazione Confcommercio - E questo nonostante gli ultimi anni siano stati caratterizzati dalla forte spinta alle vendite di auto elettriche, da parte dell’Europa, delle case automobilistiche e delle istituzioni; spinta che non ha tuttavia ottenuto gli effetti previsti”.
Ad ostacolare la vendita di auto elettriche è innanzitutto il prezzo, non alla portata del consumatore italiano medio, ma anche le incertezze legate ad una tecnologia, relativa alle batterie, che si percepisce ancora non allo stadio ottimale. Poi incidono anche le scarse infrastrutture di ricarica e, più in generale, le preoccupazioni legate all’autonomia limitata nei viaggi.
“Siamo fiduciosi che una più attenta valutazione di tutte queste implicazioni porterà, dopo il rinnovo del Parlamento europeo, ad una visione più aderente alla realtà che all’ideologia” osserva Buongiardino. “Di fronte alla prospettiva del tutto elettrico subito, con lo stop alle immatricolazioni di autoveicoli endotermici nel 2035, sono già numerose le richieste di allungamento del termine, o di focalizzare non già la scelta di un’unica tipologia di mobilità (elettrica) bensì di eliminare l’impronta carbonica dei carburanti”.
“D’altronde – prosegue Buongiardino - si sono affacciati sul mercato carburanti come l’idrogeno, i carburanti sintetici, ma soprattutto per quanto ci riguarda come Paese, il biocarburante, ottenuto da prodotti vegetali di scarto, che permetteranno di alimentare ed immatricolare anche oltre l’attuale limite i motori endotermici. Una maggiore comprensione dei problemi tende, inoltre, a valutare gli effetti delle emissioni durante tutto il ciclo di vita delle vetture, dalla fabbricazione allo smaltimento, facendo propendere ancora per le vetture endotermiche, senza dimenticare che il maggior fabbisogno di elettricità, se non coperto da fonti rinnovabili, incentiva l’uso del petrolio e derivati e persino del carbone, spostando la fonte di inquinamento dallo scarico dell’auto a quello delle centrali elettriche”.
“Il vento sta cambiando. Anche la Germania, che pure è stata determinante in Europa nella scelta dell’elettrico e che ha stanziato generosi contributi agli utenti per incentivare l’acquisto di vetture elettriche, ha già deciso di eliminare queste incentivazioni, senza le quali, come già dimostrato, l’elettrico non cresce. Ma anche le case automobilistiche che avevano scelto di orientare la produzione sull’elettrico – spiega il presidente di Federmotorizzazione Confcommercio - sono in fase di ripensamento: se da un lato hanno compensato le minori vendite con l’aumento dei prezzi e della profittabilità, ora sono alle prese con disponibilità di vetture elettriche prodotte, ma invendute, in stock presso i concessionari. Parallelamente, come conseguenza, il mercato dell’usato, che rappresenta, oggi, oltre tre volte per dimensione quello del nuovo, è cresciuto non solo di volume, ma anche di valore pro-capite. Si sta realizzando così quello che in gergo viene definito ‘effetto Cuba’, ovvero i tempi di ricambio del parco auto si sono allungati e l’età media è aumentata, a scapito della sicurezza e dell’ambiente”.